Fred
Uhlman (1901 - 1985) scrisse a proposito del suo capolavoro letterario “Der
Wiedergefundene Freund” (“L’Amico Ritrovato”): “si può vivere di un solo libro”
e se ciò è vero, la stessa cosa si può sostenere per l’omonimo film diretto da
Jerry Schatzberg (1989), che di libri sempre di Uhlman ne riassume altri due -
“Un’anima non vile" e “Niente resurrezioni per favore” raccolti ne “La
trilogia del ritorno” (Editrice Guanda pagg. 224, 14 euro - 2006) - ma che di
film altrettanto belli non ne ha più girati. Il DVD è introvabile, l’ho
ordinato mesi or sono presso due negozi italiani, ma non sono riusciti a
reperirlo. Anche qui in Germania, stranamente considerato che il film è stato
prodotto proprio in questo paese e con capitali berlinesi. Poi ho ritrovato in
un mio vecchio scatolone il vhs del film, registrato dalla televisione nel
1991. Un film che ho amato come il libro, perché questa storia bussò al mio
cuore al momento giusto, quasi per una coincidenza, quando anche tra i banchi
di scuola, il mio amico più grande (a torto o a ragione) “entrava nella mia vita
per non uscirvi mai più…”. La storia è quella di Hans Strauss (Christien
Anholt) un giovane ebreo della borghesia di Stoccarda figlio di un affermato
medico, che trascorre gli anni umilianti dell’escalation nazista traendo forza
solo dalla grandiosa amicizia con il Conte Konradin von Lehenburg (Samuel
West). Entrambi sedicenni e studenti modello nel prestigioso
Karl-Alexander-Gymnasium, saranno entrambi vittime del nazismo: l’uno perché
ebreo, l’altro invece perché irretito fino al fanatismo dopo un incontro
personale col Führer. La fuga drammatica negli Stati Uniti del giovane ebreo
significherà la fine di un’amicizia rimasta il rimpianto di cinquant’anni. I
due amici non si rivedranno mai più, ma Hans ritroverà Konradin in un modo
sorprendente allorquando vecchio e diffidente (Jason Robards) ritornerà in
Germania in cerca del passato e di Konradin. Il Film in qualche modo è più
consolatorio nel regalare qualche anelito di rivendicazione reciproca nella
scena del litigio tra i due ragazzi. Mentre è la trilogia a essere struggente:
il lettore, solo lui, legge ciò che l’ebreo Hans non avrà mai modo di leggere,
perché la lunga missiva - mai recapitata - piena delle ragioni e del grande
amore di Konradin per Hans è la seconda novella “Un’anima non vile”.
Foto: Kookie Ryan, Charlotte Gainsbourg, Papou Il Sabatini Coletti, dizionario della lingua italiana, dà una definizione molto interessante alla voce annichilimento : “abbassarsi; umiliarsi; ridurre al niente.” Questo è più o meno quel che succede nell’ultima prostrazione di Lars Von Trier, Nymphomaniac Vol. 1 (Long Version) nel fuori concorso della sessantaquattresima Berlinale. Perché i volumi saranno un paio, nella trilogia della depressione, esattamente come lo stesso regista aveva annunciato di fare. Il cast di quest’annichilente vicenda è di tutto riguardo si passa da (nel vol. 1) Charlotte Gainsbourg, nel ruolo di Joe lupus in fabula, Shia LeBouf, che negli anni si fa un paio di volte la bella Joe (guardate che il film dura 150 minuti), Christian Slater, qui ancora solo il padre della bella Joe (si dice che nel secondo volume la sua figura presenti lati oscuri… mhmhmhm… immaginiamoci dunque quali, con una figlia tanto irrefrenabile!) , Udo Kier, che si fa tan
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