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Visualizzazione dei post da febbraio 2, 2014

64. Berlinale Two Man In Town ma Less Than Zero

Foto: Scena del Film C'era già passato dalla Berlinale Rachid Bouchareb con un film (allora) attuale e commovente in concorso London River (2009) sull’attacco terroristico di Al-Qaeda a Londra nel 2005 con Brenda Blethyn e ci ripassa quest’anno con un altro, ancora in concorso, ancora con temi islamici, sempre e comunque con la stessa Blethyn intitolato La Voie De L’Ennemi . E la lista delle ripetizioni non finisce qui: il film è di per sé remake di uno per nulla famoso del 1973 intitolato in U.S.A. come questo di Bouchareb  Two Men In Town . Tuttavia il ruolo principale è di Forest Whitaker ( The Butler ) che certamente regala al film dolcezza salvandolo oltretutto da una serie di evidenti limiti. Non me ne voglia Brenda Blethyn, per esempio, adorabile e brava, ma così inadatta nel ruolo di dura e poliziotta in Texas al confine tra Stati Uniti e Messico, lei così very old british da madamigella della Regina. Il film è comunque coraggioso nel suo non mandarle a dire al Governo

64. Berlinale The Grand Budapest Hotel - Intellectual Pink

Foto: Locandina del Film  Questa Berlinale giunta alla sessantaquattresima edizione apre i battenti con un film al dir poco bello, ma dal finale al dir poco brutto; che va comunque perdonato se il regista è Wes Anderson con The Grand Budapest Hotel fuori concorso e prodotto anche con soldi tedeschi, sempre più (onni-)presenti in coproduzioni fatte perché Dieter Kosslick le reclami al suo festival. Anche se poi, vuol dovere di cronaca, l’intera storia è tratta dal romanzo di Stephan Zweig autore tedesco, amato in patria e quasi conosciuto in America. Grande cinema e grande letteratura… In effetti, l’intera strutturazione è proprio da grande autore e Wenderson più che accusato di essere troppo vicino a Baz Luhrman ( Moulin Rouge 2001) andrebbe invece lodato, perché a differenza di quest’ultimo, sa rendere onore al cinema con romanzi di altissimo rango, portando (unico) letteratura e cinema al connubio consensuale e se ciò non  bastasse, anche il pubblico in sala a senti

L'intervista che feci a Hoffman il 16 febbraio del 2006 con cari saluti a Mister Banana (!)

Scrivo questo Blog, perché ne ho veramente, come raramente mi è successo un bellissimo ricordo… Il link non vuole nemmeno fungere da atto di presunzione, per profilarmi difronte a chi lo leggerà, quanto per raccontare anche un episodio interessante… Il 16 febbraio del 2006 Il Giornale mi inviò durante la Berlinale a intervistare l'uomo per il suo ruolo in Capote. Avevo i minuti contati, non potevo dilungarmi, né tantomeno seguire tutte le interviste previste dalla Sony al cast principale del film. In sintesi, se volevo intervistare Philip Saymour Hoffman - per la Sony - avrei dovuto intervistare anche nell'arco di un pomeriggio tutto il cast, compreso il regista; ma se invece volevo che il mio pezzo venisse pubblicato, se volevo guadagnare, o solo Hoffman o nessuno. Quel che il mio capo appunto mi disse a chiare lettere (con la finezza di sempre): "non ti pubblico tutto il polpettone; o lui, o nessuno" (Maurizio Caverzan dixit). Avevo anche un film al pomeriggio del