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Visualizzazione dei post da febbraio 9, 2014

64. Berlinale "The Way He Looks" con due premi all'amore gay...

Foto: da sinistra Fabio Audi e Ghilherme Lobo Oggi è il gran giorno alla Berlinale, tra poche ore sapremo il vincitore, com’è stato ieri per il Teddy e la consegna dei premio più ambito al cinema gay qui in town. Vincitore di questa sessantaquattresima edizione è il brasiliano The Way He Looks di Daniel Ribeiro, già presente con un cortometraggio omonimo nel 2010 nel Talen Campus. È tornato con il lungometraggio della tenerissima storia d’amore tra due adolescenti, compagni di classe Leonardo (Ghilherme Lobo), non vedente, ma solo nel film, e Gabriel (Fabio Audi), tipetto originale e fuori dagli schemi. Con il cast abbiamo avuto il piacere di trascorrere una serata al Marie Antoinette , proprio al party del film, qualche sera fa: simpatici, alla mano, allegroni e soprattutto vincenti: è stato loro conferito anche il premio Fipresci (International Federation Of Film Critics) perché The Way He Looks, nella sezione Panorama, convince per la genuinità e mancanza di pre

64. Berlinale Inbetween Worlds o tra i soliti "copioni"?

Foto: Saida Barmaki e Mohsin Ahmady  Torniamo al sorprendente concorso di questa sessantaquattresima edizione della Berlinale, uno stupore causato dalla triste qualità dei film scelti, pur appartenendo a registi di tutto riguardo. Come l’austriaca Feo Aladag, che ha presentato Inbetween Worlds perfettamente in linea con quanto testé annunciato: brava lei, molto apprezzata tra Germania e Austria, ma il film sembra tralasciare una serie di interessanti occasioni, probabilmente per superficialità o forse per troppa concentrazione su un soggetto, che s’ispessisce a un certo punto nei meandri soggettivo-psicologici del suo personaggio principale, in una guerra che invece è stata corale. Un ufficiale dell’esercito tedesco (Ronald Zehrfeld) si trova in Afgahnistan (Kunduz) dopo la morte del fratello durante una missione contro terroristi talebani nella stessa area. Si è fatto mandare proprio in quel reparto, per dare un senso alla sua divisa: continuare quello che il

64. Berlinale

64. Berlinale Nymfomaniac Vol. 1 … Ninfomane di un generoso

Foto: Kookie Ryan, Charlotte Gainsbourg, Papou  Il Sabatini Coletti, dizionario della lingua italiana, dà una definizione molto interessante alla voce annichilimento : “abbassarsi; umiliarsi; ridurre al niente.” Questo è più o meno quel che succede nell’ultima prostrazione di Lars Von Trier,  Nymphomaniac Vol. 1  (Long Version) nel fuori concorso della sessantaquattresima Berlinale. Perché i volumi saranno un paio, nella trilogia della depressione, esattamente come lo stesso regista aveva annunciato di fare. Il cast di quest’annichilente vicenda è di tutto riguardo si passa da (nel vol. 1) Charlotte Gainsbourg, nel ruolo di Joe lupus in fabula, Shia LeBouf, che negli anni si fa un paio di volte la bella Joe (guardate che il film dura 150 minuti), Christian Slater,  qui ancora solo il padre della bella Joe (si dice che nel secondo volume la sua figura presenti lati oscuri… mhmhmhm… immaginiamoci dunque quali, con una figlia tanto irrefrenabile!) , Udo Kier, che si fa tan

64. Berlinale The Monuments Men ma sì, ditelo a Sparta!

Foto: Locandina del film  È pure nel concorso di questa sessantaquattresima edizione della Berlinale il film The Monuments Men di George Clooney e non si capisce come mai. Il film che unisce all’unisono la critica nel farsi definire “inguardabile”, “ridicolo”, “sciatto”… (è meglio fermarsi qui). Peccato, perché la storia, quella vera, da cui è tratto deve essere stata avvincente; triste che a ricordarcela sia un’opera talmente incresciosa e imbarazzante nel suo esserlo, da non meritare nessuna indulgenza (men che meno pubblico). Un gruppo di critici d’arte, negli ultimi due anni della seconda Guerra mondiale, coordinato dal professor Frank Stokes (George Clooney) ha il compito di salvare e recuperare tutte le opere d’arte che i nazisti hanno rastrellato dai paesi occupati, tra Francia, Italia e Polonia. Il richiamo dei colleghi al servizio da parte di Stokes è il seguente: “se un morto vale molto di più di un opera d’arte distrutta è anche vero che noi la guerra la stiamo co