Passa ai contenuti principali

64. Berlinale Nymfomaniac Vol. 1 … Ninfomane di un generoso


Foto: Kookie Ryan, Charlotte Gainsbourg, Papou 
Il Sabatini Coletti, dizionario della lingua italiana, dà una definizione molto interessante alla voce annichilimento: “abbassarsi; umiliarsi; ridurre al niente.” Questo è più o meno quel che succede nell’ultima prostrazione di Lars Von Trier, Nymphomaniac Vol. 1 (Long Version) nel fuori concorso della sessantaquattresima Berlinale. Perché i volumi saranno un paio, nella trilogia della depressione, esattamente come lo stesso regista aveva annunciato di fare. Il cast di quest’annichilente vicenda è di tutto riguardo si passa da (nel vol. 1) Charlotte Gainsbourg, nel ruolo di Joe lupus in fabula, Shia LeBouf, che negli anni si fa un paio di volte la bella Joe (guardate che il film dura 150 minuti), Christian Slater,  qui ancora solo il padre della bella Joe (si dice che nel secondo volume la sua figura presenti lati oscuri… mhmhmhm… immaginiamoci dunque quali, con una figlia tanto irrefrenabile!) , Udo Kier, che si fa tante altre volte, come altrettanti, la bella ninfomane, Jamie Belle e Willem Dafoe che invece devono ancora farsela, ci dicono dal vol. 2 in poi… Priva di sensi di colpa e con pacato e soggettivo auto disprezzo, Joe racconta le sue più intime fantasie e smanie, e quindi vicende, a un uomo qualunque, certo Seligman (Stellan Skårgard) che le dice subito di essere di origini ebraiche - il nome conferma - ma di essere antiebraico (aggiungendo tuttavia cauto: “però non significa che io sia antisemita” (!)… così, tanto per prendere le dovute distanze dal suo sceneggiatore e creatore Lars von Trier).  La storia è tutta un susseguirsi di esplicita e continua lascivia intervallata da immensi interrogativi universali, destinati a restar tali se legati a forme carnali inspiegabili, se non per patologia. Il tutto impacchettato in un polpettone bollente di straordinaria estetica (prima dote del film) e ironia (seconda e ultima dote del film). In conferenza c’era Uma Thurman, nel ruolo di cornuta, poi pure psicopatica - per colpa di chi secondo voi? - che ha raccontato molto del rapporto con Lars sul set: “È un uomo meraviglioso e generoso. Quando ci siamo incontrati, subito prima delle riprese, mi ha presentato il copione: sette pagine da rappresentare in venticinque minuti d’unica ripresa, in ventiquattrore… Ero estenuata e mi filmava anche durante le pause”; eh sì, proprio un uomo generoso!

Commenti

Post popolari in questo blog

"L'Amico ritrovato... Ma anche il Film" (19.06.2011)

Fred Uhlman (1901 - 1985) scrisse a proposito del suo capolavoro letterario “Der Wiedergefundene Freund” (“L’Amico Ritrovato”): “si può vivere di un solo libro” e se ciò è vero, la stessa cosa si può sostenere per l’omonimo film diretto da Jerry Schatzberg (1989), che di libri sempre di Uhlman ne riassume altri due - “Un’anima non vile" e “Niente resurrezioni per favore” raccolti ne “La trilogia del ritorno” (Editrice Guanda pagg. 224, 14 euro - 2006) - ma che di film altrettanto belli non ne ha più girati. Il DVD è introvabile, l’ho ordinato mesi or sono presso due negozi italiani, ma non sono riusciti a reperirlo. Anche qui in Germania, stranamente considerato che il film è stato prodotto proprio in questo paese e con capitali berlinesi. Poi ho ritrovato in un mio vecchio scatolone il vhs del film, registrato dalla televisione nel 1991. Un film che ho amato come il libro, perché questa storia bussò al mio cuore al momento giusto, quasi per una coincidenza, quand...

67° Festival di Berlino Ospite di Vincenzo Maddaloni

Ospite di Vincenzo Maddaloni Un onore essere ospite nel Blog di un grande giornalista italiano, Vincenzo Maddaloni  che ha corrisposto dalla ex Unione Sovietica e dal Medio Oriente, regalando all'informazione italiana e al nostro giornalismo pietre miliari. Con Maddaloni l'intervista mia a Angelo Acerbi  per "Il Deutsch-Italia" nell'orizzonte del 67° Festival di Berlino. Foto: Angelo Acerbi 

68. Berlinale - Un Bilancio alla fine dell'era Kosslick (da RS - Ricerche Storiche)

È sempre emozionale l’esperienza della Berlinale (15 - 25 febbraio 2018 scorsi) che del cinema sonda l’inatteso, lo sperimentale per lasciare il gossip a Venezia e a Cannes. Per questo ha vinto la 68° edizione del Festival di Berlino (15 - 25 Febbraio 2018) la rumena Adina Pintilie con Touch Me Not   che è un viaggio tra emozioni, appunto, ma in formato ambulatoriale con interviste e confronti tra persone che non sopportano il contatto fisico e dunque restano incapaci di rapporti amorosi. Le ambientazioni sono bianche, asettiche, nude come i corpi di quest’odissea umana in terapia per trovare una via e imparare a sopportare e a godere nel contatto fisico. Non sappiamo se il film troverà distribuzione in Italia, tuttavia resta un cinema di nicchia, che nemmeno l’Orso d’Oro potrà rendere adatto a più ampie platee o più digeribile a chi ama il cinema d’intrattenimento. In più Touch Me Not   non porta con sé grandi novità da vincitore di questo concorso, perché il film che tr...