Storia e Letteratura: nessuna cultura può dirsi tale, o sussistere, senza un diretto sguardo alla storia in funzione letteraria. Al confronto si eccitano, perché tra cronaca e racconto, succede che il secondo capta la prima, la ingloba e ce la narra, aprendo universi paralleli entusiasmanti, emozionanti, veri nel mondo interpretato, come R. M. Rilke lo definiva. Due straordinarie serie TV nascono da questa chimica, ognuna a suo modo, ognuna da un'angolazione sua propria: sulla Storia American Horror Story (dal 2011) di Ryan Murphy e Brad Falchuk alla quarta edizione col FREAK SHOW (2014) e Penny Dreadful (2014) sulla Letteratura, con otto episodi, diretti da quattro registi (cercateveli!) per otto puntante (1:2). La TV non è il cinema, ovvero è un contenitore di spazzatura con alcune pepite d'oro borderline: così il merito, specie nelle serie televisive non è solo dei registi, non può esserlo, ma degli sceneggiatori. Meno che al cinema, con i suoi tempi lunghi di sedimentazione, concessa anche agli attori, la tv ha tempi brevi; e per questo se le puntate sfuggissero al copione, sarebbe un disastro, ovvero senza la perfetta sceneggiatura (letteratura) il prodotto (storia) perdente sarà bloccato alla prima stagione. E non c'è logica televisiva nell'unica stagione di un prodotto sensato se seriale. L'Horror è alla base delle due serie in questione, ma se in American Horror Story è la società a essere messa sotto torchio (se non addirittura seviziata) attraverso le ridondanze freak della Storia statunitense tutta, in Penny Dreadful, britannica (90%), invece è la Letteratura inglese del periodo Vittoriano a conglobarsi nel tormento dandy tra sublime e orrendo (il Positivismo), che maturerà nel decadentismo novecentesco degli incubi usciti per esperimento dalla narrazione letteraria per diventare Storia sfrenata: i mostri mutilati, ricomposti alla meno peggio, non sono usciti solo dal letto cerusico di Victor Frankenstein (Harry Treadaway), ma in vero dalle orrorifiche trincee della Grande Guerra (1914). E dunque non chiudete gli occhi e godetevi lo spettacolo: il più appagante del mondo, se è adrenalina che corre tra sogno e realtà, tra Letteratura e Storia di tante stagioni.
Fred Uhlman (1901 - 1985) scrisse a proposito del suo capolavoro letterario “Der Wiedergefundene Freund” (“L’Amico Ritrovato”): “si può vivere di un solo libro” e se ciò è vero, la stessa cosa si può sostenere per l’omonimo film diretto da Jerry Schatzberg (1989), che di libri sempre di Uhlman ne riassume altri due - “Un’anima non vile" e “Niente resurrezioni per favore” raccolti ne “La trilogia del ritorno” (Editrice Guanda pagg. 224, 14 euro - 2006) - ma che di film altrettanto belli non ne ha più girati. Il DVD è introvabile, l’ho ordinato mesi or sono presso due negozi italiani, ma non sono riusciti a reperirlo. Anche qui in Germania, stranamente considerato che il film è stato prodotto proprio in questo paese e con capitali berlinesi. Poi ho ritrovato in un mio vecchio scatolone il vhs del film, registrato dalla televisione nel 1991. Un film che ho amato come il libro, perché questa storia bussò al mio cuore al momento giusto, quasi per una coincidenza, quand
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